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I miei ricordi di Natale…

 I miei ricordi di Natale… - Immagine

Quest’anno la Redazione del Portale di YouBOS Bologna Solidale dell’Azienda USL di Bologna ha lanciato un invito ai suoi lettori: raccontare e condividere i ricordi legati al Natale, immortalare un momento, una tradizione o un sentimento associato a questo evento.

Ve ne proponiamo alcuni ringraziando in particolare gli assistiti seguiti dal servizio e-Care e i volontari del Gruppo ForteMente che hanno coinvolto i loro anziani in questa avventura.

La raccolta integrale è disponibile su https://www.bolognasolidale.it

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Sono nata a maggio nel 1940, anno che è stato funesto, dalla guerra e dalla paura delle bombe. La  mia famiglia cercava di farsi coraggio nonostante il rischio di rimanere senza casa. La nonna materna, che molto ha influenzato la mia educazione, cercava di portare in casa una certa serenità. Era una donna che aveva conosciuto l'Europa in lungo e in largo perché suo padre era un artista: dipingeva e scolpiva e spesso si spostava, con tutta la sua famiglia al seguito, per eseguire ritratti e statue ovunque fosse richiesto. La nonna parlava diverse lingue e questo mi incuriosiva tanto. Lei aveva festeggiato il Natale in tanti modi e paesi diversi e quindi influì molto nelle usanze nostre e altrui mescolandoli. Il nonno Carlo, suo marito, l'assecondava e avendo molta manualità, l'aiutava a creare un presepe molto ricco. Le zie cucivano i vestiti delle statuine e, soprattutto, i re magi erano veri principi orientali... Anche se usavano stoffe di fortuna che trovavano in un posto che, ricordo, chiamavano "America stracci". Per il giorno di Natale nonna e zie si industriavano ad andare a trovare i contadini vicini per rimediare qualche gallina e un poco di maiale. Una volta la mia nonna e zia Gianna rischiarono di rimanere sotto un bombardamento: erano andate in campagna a cercare una gallina e della verdura che in città costavano tanto!! Ricordo spesso, quando preparo con comodo e abbondanza, il pranzo di Natale, questi vecchi Natali così diversi, ma sicuramente felici… e qualche volta li racconto ai miei figli e nipoti.
Giovanna                   

Simbolicamente si indica come data della fine della guerra il 25 aprile 1945, ma dovetti attendere il Natale del 1946 per festeggiarlo assieme ai miei genitori e mia sorella a Bologna in una casa che non conoscevo. I battenti delle finestre erano tornati ad avere i vetri, via Mitelli, in terra battuta, era stata liberata dalla macerie e il negozio del signor Parma aveva rialzato la saracinesca a tempo intero e, pur avendo una superficie di una trentina di metri quadrati, entrare da lui era come andare in un supermercato perché vendeva di tutto, ma ancora non c'era di tutto. La mamma, pur mantenendo tutte le sue tradizioni venete, era molto tentata da quelle culinarie della città che ci aveva accolto e volle anche lei fare il panone da affiancare al Pandoro e i tortellini in sostituzione delle tagliatelline perché quel primo Natale a Bologna, dopo anni di guerra, richiedeva di essere degnamente festeggiato. I primi giorni di dicembre furono riservati per fare i panoni e la mia mamma, che voleva fare le cose per bene, chiese a tutte le abitanti del caseggiato la ricetta, poi si mise a confrontarle togliendo o aggiungendo ingredienti secondo il suo estro e soprattutto tenendo presente a tutto ciò che si poteva recuperare in campagna dalla nonna. Per mandorle, noci e fichi secchi, non c'erano problemi e vennero messi in abbondanza così come per la farina di castagne che ci procurò una persona di Vergato che durante la ritirata dal fronte era rimasta nascosta in casa della nonna per diverso tempo. I canditi li comprò dal signor Parma, ma in quantità ridotta. Naturalmente il suo panone risultò, a suo dire, il migliore di tutti, anche se assaggi e confronti fino a Natale non se ne potevano fare. Per il ripieno dei tortellini le ricette prese in considerazione furono tre, quella della signora Matteuzzi, quella della nonna Rinaldi e infine quella delle sorelle Comellini. La mamma da ognuna prese qualcosa e creò la sua ricetta che naturalmente  era migliore di tutte le altre, ma per averne la certezza, occorreva aspettare il giorno di Natale. Fu un Natale speciale e non per il buon cibo, ma perché il babbo non era in servizio ed eravamo tutti e quattro assieme nella nostra casa a Bologna. Io l'avevo lasciata quando ero piccolissima, ne avevo sempre sentito parlare, ma non la potevo ricordare e ora stavo imparando a conoscerla. Non c'erano più i lumini e le candele, bastava premere su di un pulsante e tutto s'illuminava, non si andava al pozzo a prendere l'acqua bastava girare una farfallina e l'acqua scrosciava a volontà e poi c'era un locale chiamato con un nome strano "bagno" al posto del gabbiotto attaccato alla porcilaia che mi terrorizzava. Il Natale del 1946 nella casa di Bologna è tra i miei ricordi più belli.
Mariella

Ricordo i preparativi del Natale nella casa di campagna  a Portomaggiore, del nonno paterno di nome Chiarissimo. Il nonno chiedeva ai nipoti di appendere i calzettoni al camino. Lui li riempiva con arance (comperate appositamente a Bologna), castagne secche e poche caramelle, niente carbone perché io e mio fratello eravamo bravi bambini. Questo era il regalo di Natale. Il generale Vaccari, il principale del nonno e del papà Enrico, regalava giochi bellissimi: la casa di legno delle bambole con il letto e il lenzuolo, credenza, pannello con appesi i tegami e accessori per cucinare per le bambole. Era così bella che io ci giocavo davanti al camino sulla tavola da pranzo. Facevamo il presepio con il muschio raccolto nei campi... l'albero di Natale è arrivato dopo, con la nascita della mia prima figlia, e l'abbiamo piantato fuori... ed è ancora lì!! Quindi ha oltre sessant'anni.
Desdemona

Quando ero piccola, Natale era diverso da com'è adesso. Molto meno sfarzoso, ma non meno bello. A casa nostra, abitavamo in campagna, non facevamo l'albero. Raccoglievamo dei rami e li addobbavamo con mandarini e arance, quello era il nostro albero di Natale. Poi facevamo un piccolo presepio con le statuine di gesso appoggiate sul muschio che avevamo raccolto nei campi. Anche la capanna era artigianale, le faceva mio padre con dei pezzi di legno. Poi il pranzo, con un bel cappone che serviva anche per fare il brodo per i tortellini. E i regali? Niente giochi, ma un vestitino, un maglioncino ci facevano felici. Così a Natale e a Pasqua "si spianavano" i vestiti nuovi. Questo era il Natale di quando ero piccola, un giorno indimenticabile.
Carla

Data di pubblicazione